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Allucinazioni

Un giorno ero in cantiere.

Ogni giorno sono in cantiere, sono un architetto. Malinconico. 

E paesaggi immaginari si palesano davanti a me continuamente.

Prima li vedevo solo io. Loro mi parlano irrequieti da una matassa di fili, da una parete appena stuccata, dagli scarichi dei muri, dai corrugati appena stesi, dalla vernice fresca, dalle viti, dalla lana di vetro, dai cartoni strappati, dalle crepe nel cemento.

 

Ogni materiale mi racconta atmosfere e mondi, portandosi dietro storie, colori, sensazioni diverse per ogni superficie, cromie, incontro con la luce.

Ogni materiale lo fotografo e poi lo lavoro digitalmente raccontando le mie visioni, sotto forma di geo-poesie a software di Intelligenze Artificiali.

 

Non c'è confine tra le cose, anima, luoghi: le cose hanno un'anima e diventano luoghi. 

Le mie città così si modellano liquide: vagano tra ricordi di viaggi, letture amate, terre attraversate, sagome di sconosciuti da incontrare o già incontrati, elementi naturali (acqua, nuvole) artificiali (bifore, scale, archeologie post-industriali), e tutti convivono armonicamente in quadri digitali di luoghi fluidi.

Prima, questi onirici landscape, li vedevo solo io, come allucinazioni.

Adesso, che ho una relazione d'amorosi sensi con le IA, possono finalmente vederli tutti.

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